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Una Chaise Longue per i diritti delle donne

Una Chaise Longue per Emilie

L'Università di Zurigo ha inaugurato un'opera di Pipilotti Rist dedicata alla prima giurista e docente universitaria svizzera, Emilie Kempin-Spyri, la sua prima laureata in giurisprudenza, una donna che negli anni ottanta dell'Ottocento ha dato anima e corpo, morendo  a nemmeno cinquant'anni in una clinica psichiatrica , per ottenere quello che sarebbe diventato un diritto costituzionale solo nel 1981: la parità dei sessi.

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Per ricordare questa pioniera della causa femminile, l'ateneo ha chiesto aiuto a Pipilotti Rist, icona svizzera della cultura pop nota per le sue videoinstallazioni, ma che stavolta  ha rinunciato ai suoni e alle immagini in movimento per creare  una chaise longue di dimensioni enormi che troneggia nel Lichthof, il cortile interno coperto dell'Università di Zurigo.

«Abbiamo voluto quest'opera per dimostrare la nostra riconoscenza a Emilie Kempin-Spyri», ha detto il rettore Hans Weder a margine della cerimonia di inaugurazione . «Questa chaise longue è anche un invito a riflettere sul passato e su ciò che può ancora essere migliorato».

Pipilotti Rist ha voluto rendere omaggio all'impegno ed alla sofferenza di Emilie Kempin-Spyri trasformando la sua memoria  in un mobile ricoperto di tessuto blu ricamato con il suo nome e i suoi titoli. Sulla chaise longue, in scala 2:1, si trova anche una biografia della Kempin-Spyri richiamata anche dagli intagli delle parti lignee  che ritraggono un'ape operaia, una farfalla, il simbolo dei paragrafi di legge ecc.
Pipilotti Rist ha voluto prendere un oggetto appartenente alla sfera privata e trasformarlo, ingrandendolo, in uno spazio collettivo dove studenti e professori possono riposare, chiacchierare e  soprattutto ritrovare lo spirito di Emilie Kempin-Spyri «che non si è lasciata scoraggiare, anche se è stata sistematicamente scoraggiata e respinta».
Questa chaise longue è monumentale e va letteralmente scalata: salendo sulla chaise longue, gli studenti potranno comprendere che " riposano sui diritti conquistati a fatica da chi li ha preceduti " .
Emilie Kempin-Spyri  ha precorso i tempi e, con il suo sacrificio e la sua tenacia ha dato un contributo fondamentale alla causa femminile, battendosi per ottenere il diritto d'insegnare all'università e diventare avvocato.

Contro la volontà del padre, Emilie sposò un uomo che sosteneva le sue idee emancipatorie, ma proprio per aver sposato un uomo che al padre non piaceva, Emilie fu diseredata. Quando suo marito, un pastore protestante, perse il lavoro a causa delle sue posizioni radicali in materia di politica sociale, Emilie  si rese conto che per una donna c'erano poche vie d'uscita se falliva il modello tradizionale della famiglia che prevedeva la  moglie angelo del focolare ed il marito pilastro economico. Decise quindi di studiare, convinta che così sarebbe riuscita a guadagnare  il  denaro necessario  per sé, il marito e i tre figli.  Riprese gli studi a 32 anni, sposata e con tre figli e riuscì a laurearsi anche se, dopo la laurea, le fu impedito di lavorare.
Emigrarono quindi negli Stati uniti, dove Emilie riuscì ad aprire una scuola di legge e, al  il ritorno in patria, ottenne  finalmente di poter insegnare all'università. Emilie pagò, per le sue scelte, un prezzo molto alto: una donna era  infatti vista come un'anomalia e gli studenti la deridevano e pertanto non riuscì mai a sfuggire alla miseria economica sicché, colta da un esaurimento nervoso, fu costretta a passare gli ultimi anni della sua vita in clinica.

Grazie alle sue battaglie, però, nel 1898, il popolo zurighese concesse alle donne l'esercizio dell'avvocatura.
La cosa paradossale è che, a differenza di Heidi, noto personaggio letterario creato da sua zia Johanna, per riportare alla luce la  storia ed i  meriti di Emilie,  rimasti nell'oblio per quasi cent'anni, c'è voluto il romanzo biografico «La donna dalle ali di cera», pubblicato da Eveline Hasler nel 1991.

In dieci anni d'attività, Emilie Kempin-Spyri si è confrontata in modo scientifico e critico con la questione dell'emancipazione femminile. A suo avviso, la posizione della donna era un'emergenza sociale.
In particolare puntò il dito sulla condizione di dipendenza in cui venivano messe le donne. Per legge il diritto di decidere della loro vita spettava a padri e mariti. «Ritengo che limitare per principio la libertà d'azione delle donne sia quanto di più sbagliato si possa fare. Mantiene la donna in un nocivo stato di dipendenza nel corso di tutto il suo sviluppo», scrisse nel 1894.
Emilie Kempin-Spyri non difese solo il diritto alle pari opportunità, ma si batté anche affinché venisse riconosciuto il valore del lavoro domestico: «È un grosso errore non dare nessun valore all'attività domestica della donna. In determinate circostanze può portare più del lavoro fuori casa. In ogni caso, questo impegno va equiparato al lavoro produttivo delle donne attive professionalmente».

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